Pulizia rituale

(di Luca Ariesignis Siliprandi)

L’avvicinamento al rito, è un periodo di preparazione che anticipa il rituale vero e proprio ed ha una durata variabile secondo ciò che andremo a fare, alla Divinità che avvicineremo o alle energie che andremo a muovere. Per celebrazioni di una certa importanza, dovrebbe durare almeno tre giorni ma, se non siamo così forti, si tenti almeno di prestarvi attenzione nelle ventiquattro ore che precedono il rituale. Indipendentemente da questo, si scelgano cibi leggeri e in piccole quantità; meglio evitare abusi di alcolici o droghe e mantenersi padroni di ciò che si fa e dice; aver cura di dormire il giusto senza eccesso alcuno né in abbondanza né in mancanza.

Evitare di fare dei torti, di infliggere dolori e di agire ingiustamente; trattenere il proprio egoismo e mantenersi il più possibile equilibrati ed attenti ai nostri gesti. Infine, potrà sembrare scontato e molto “materiale”, ma il giorno del rito siate puliti anche fisicamente, curate la vostra igiene come steste preparandovi per l’appuntamento della vostra vita.

Tutto questo, gli antichi Romani lo sintetizzavano con gli aggettivi castus et puros che valevano per indicare una purezza morale e fisica in senso lato così com’era già per i Greci quando, con il termine hagnos, solevano indicare quel senso di purezza con cui l’uomo deve accostarsi agli Dèi. Prima ancora che qualità proprie della persona, con questi termini si vuole piuttosto indicare un atteggiamento.

Se è pur vero che nella stragrande maggioranza dei casi per l’approccio al rito è bene astenersi da rapporti sessuali, non si confonda mai il concetto di castus e puros con quel che ne ha fatto il posteriore arrivo delle religioni monoteiste.

I concetti abramitici di colpa e peccato sono così profondamente radicati nella quotidianità della vita occidentale che è facile cadere nell’equivoco anche dopo molti anni di strada. L’usuale concetto di decenza, lasciatelo ad altri, qui si tratta di cose molto più serie del rispetto per le norme e i costumi.

E’ importante cercare sempre di capire cosa vi spinge a compiere un’azione piuttosto che un’altra. Spesso, la differenza non è nell’azione che compiamo ma nei motivi che ci spingono a compierla.

Chi non ruba per paura del carcere è “puro” quanto chi non ruba per senso di giustizia? E chi, come per molti dei monoteisti, non commette un atto per paura dell’inferno?

Ecco, questa è una delle differenze radicali del nostro agire. Semplifichiamo qui concetti che hanno animato il dibattito filosofico per quasi tre millenni, ne siamo consapevoli e speriamo ci perdonerete, ma serve ancora una volta a ripetere che ad importare è il movente delle nostre azioni, più ancora che l’azione stessa. A differenza di larga parte delle dottrine monoteiste, quando nelle nostre tradizione si dice di ‘non fare del male’, non lo si dice per dare una lezioncina morale. Si tratta di un suggerimento che oseremo definire anzitutto ‘magico’, di fatti: è l’unico modo per attrarre il bene verso di sé.

Anche riuscendovi, è giusto gioire dei propri traguardi, ma mai lasciarsi prendere dalla superbia o dall’orgoglio per i nostri risultati, veri o presunti che siano: superbia e orgoglio sono odiosi agli occhi degli Dei e a nulla varrebbe il nostro più aspro digiuno per cancellare questa macchia. Quanta sterile e tronfia arroganza si incontra lungo la via, non fatene mai una questione personale, passate oltre e ringraziate il cielo di non avervi punito con un ego così ingombrante.

Piuttosto, meglio occuparsi della nostra purezza, saremo misurati su quella e non sulla nostra intransigenza nei confronti degli altri.

Osservatevi di soppiatto e allarmatevi qualora vi scopriate troppo soddisfatti del vostro candore o irritati dai limiti altrui, potreste scoprirvi molto meno “casti e puri” di quanto crediate: ahinoi, lo sappiamo per esperienza di prima mano.

Sorvegliarsi è cosa utile per scopi che vanno molto oltre il prepararsi a un rito, perché tutte le vie iniziatiche hanno un significato reale solo laddove rimandino alla realtà dell’essere umano, in ogni suo aspetto: anche in questo.

Nel tempo ognuno scopre quanto è meglio per sé e, soprattutto, quanto è meglio rispetto alle divinità che avvicina; quindi, nell’approcciarsi al rito, evitate ogni parola e ogni pensiero che sia odioso alla particolare Divinità, ad esempio: Giove odia l’ingiustizia come Cerere la lussuria. Vi sono anche divinità che non amano la morigeratezza, non tutti gli Dei gradiscono il medesimo approccio: avvicinarsi al rito è come il gioco del corteggiamento e come in ogni storia d’amore, nulla è del tutto prevedibile.

Cicerone diceva che “tutto è pieno di spirito divino e di senso eterno, di conseguenza le anime degli uomini sono mosse dalla loro comunità d’essenza con le anime degli Dei”, e non è forse una perdita di tempo ritualizzare questa consapevolezza e portarla nella pratica del rito. Per questo, oltre ad essere materialmente puliti e curati nell’igiene come già indicato nella fase di approccio al rito, una volta che tutto sia stato allestito, è buona cosa purificarsi richiamando questa comunità d’essenza con il mondo divino. Anche se tale usanza sembra non essere stata conservata in tutte le tradizioni attuali, è comunque una pratica che suggeriamo come abitudine indipendentemente dal cammino seguito.

La consigliamo per almeno due motivi: è un segno di rispetto verso le divinità a cui ci rivolgeremo e ci predispone mentalmente stabilendo un punto d’inizio dal quale, ciò che facciamo, smette di essere rivolto alla vita quotidiana e ordinaria. Peraltro, è un’abitudine che non vi ruberà che qualche secondo e, banalmente, si tratta di sciacquarsi le mani in acqua fresca ponendo l’intento magico di purificarsi per rendersi pronti al rito e graditi agli Dei.

Come già si è detto riguardo all’approcciarsi al rito, nessuna abluzione o bagno può purificarvi se gravi macchie pesano sulla vostra anima, ma è un gesto che, in ogni caso, ha il merito di farci prestare attenzione a questo aspetto della nostra vita interiore.

Potete scrivere voi stessi una formula che accompagni quest’azione, ad ogni modo, se indosserete un abito rituale o, qualora decidiate di celebrare in nudità, prima di svestirvi, sciacquatevi dunque le mani in acqua corrente[4] visualizzandola come una luce azzurra che tocca fresca la vostra pelle e ripetete tre volte la formula che, ad esempio, potrebbe essere:

Così come l’acqua trasforma le impurità del corpo da piombo in oro, purifica la mia mente,

purifica il mio corpo, purifica la mia anima.

Così sia!”

Nel ripeterla tre volte, dedicate la prima al viso, la seconda alle mani, la terza al capo oppure, se bagnarvi i capelli crea problemi, alle tempie.  Le parole di cui sopra, sono in realtà la traduzione di una formula latina.

Se possibile, asciugatevi le mani utilizzando un tessuto bianco e fresco di bucato. Se apprezzate i profumi e avete a disposizione un’essenza gradita alle divinità cui state per rivolgervi e adeguata per corrispondenza al rituale, potete usarne qualche goccia sui polsi e sulle tempie. Infine, svestitevi/vestitevi per il rito ed entrate nello spazio rituale.



Categorie:Approfondimenti, Inizi, Ritualità

Tag:,

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: