(di Luca Ariesignis Siliprandi)
“E in effetti si narra che Cerere le messi e Libero la bevanda prodotta col succo della vite abbian fatto conoscere ai mortali […]” (Lucrezio).
E’ già stato accennato in occasione dell’equinozio, ma tutto l’autunno è solcato da due storie parallele che affondano le proprie radici nell’agricoltura: quella della semina dei cereali e quella vitivinicola. In queste due narrazioni, è facile scorgere rispettivamente la polarità femminile e quella maschile: la quiete autunnale del riposo del seme che aspetta di germinare nel grembo della terra ed il fermentare del vino nei tini dove ribolle il mosto. Ascoltandoci, possiamo riconoscere anche in noi questi due moti interiori solo apparentemente contraddittori: la silente attesa che segue un ritorno all’intimo della propria interiorità ed il fermento di idee e propositi per l’anno a venire che si fa via a via più imminente. A ben vedere, sia l’una che l’altra sensazione presagiscono, seppur in modi differenti, l’attesa rinascita primaverile.
Ancora, però, fra noi e questo rifiorire resta il freddo inverno, quando la terra sembrerà morta e l’occhio non crederà che sotto la terra ghiacciata possa attecchire il grano, quando il ribollire della fermentazione si fermerà e il cuore sarà dubbioso sul maturare silente del vino già imbottigliato. Il sole scenderà sempre più basso sull’orizzonte e i colori autunnali si spegneranno nei toni marroni e grigi delle prime gelate notturne.
Così, in questi giorni, più o meno consapevolmente, fra una tisana bollente e la lettura di un buon libro, ci stiamo preparando al passaggio dalla vecchiaia alla morte dell’anno e del ciclo stagionale. E’ questo un momento propizio ai cambiamenti più profondi, sia interiori e sia esteriori.
Ma cerchiamo di non restare nel vago sentimentalismo suggerito da questi splendidi simboli… la nascita e la morte sono cose reali anche se applicate al nostro essere qui ed ora: cosa vogliamo cambiare? Lo sappiamo davvero? Siamo davvero pronti ad affrontare il cambiamento? Lo vogliamo?
Usando una metafora, la volontà e la fiducia nella nostra possibilità di affrontare il cambiamento sono assai simili alle famose “provviste per l’inverno” e alla corretta preparazione del terreno per la semina di cui si è già parlato in occasione dell’equinozio di autunno: solo queste potranno farci superare l’inverno e garantirci un futuro buon raccolto.
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