(di Luca Ariesignis Siliprandi)
Cosa si intende con “creare spazi sacri” da un punto di vista operativo, rituale ed energetico? Abbiamo già parlato di spazi sacri in questi tre articoli I, II e III, ma nulla si era detto sul cosa e sul come.
Al proposito, superando di gran lunga quanto potrei fare io al riguardo, vi segnalo un bel testo di Ivo Dominguez Jr. “Casting Sacred Space” ed. Weiser Books (QUI una anteprima in PDF). Purtroppo, non esiste una edizione italiana, ma credo sia talmente ben fatto che non dispero possa uscirne una prima o poi.
E’ un testo chiaro e, nonostante sia di provenienza eclettica, ha il raro dono di fare sintesi senza cedere alle eccessive semplificazioni (qualità piuttosto rara in ambito americano). Ad ogni modo, al di là dei meriti dell’autore, prendendo spunto da questo testo, condivido con voi alcune considerazioni che credo possano interessare un po’ tutti ma, più in particolare, chi è agli inizi.
Partiamo dalla definizione che Dominguez dà del ‘creare’ uno spazio sacro: “quella serie di azioni che coinvolgono una combinazione di mentale, emozionale e spirituale nonché (potenzialmente) di operazioni fisiche, intese a creare un volume di spazio dove per un certo periodo di tempo sia avvertibile una soggettiva e/o oggettiva differenza dall’usuale situazione/elementi della realtà mondana”. Ok, come definizione, manca forse del necessario rigore formale, però ha il pregio di sottolineare un dato esperienziale: uno spazio sacro è e deve essere avvertibile deve, appunto, marcare una differenza con la realtà a cui siamo abituati. Così, il prato in cui stiamo celebrando, smette di essere ‘un prato’ o, la stanza in cui abbiamo creato il cerchio, cessa d’improvviso di essere ‘la camera’ piuttosto che il ‘soggiorno’.
Da questo punto in poi, i suggerimenti proposti dal testo ne fanno -a mio sommesso avviso- un vero e proprio gioiellino e mi limiterò a riassumervi alcuni passaggi delle prime pagine facendovene una traduzione/parafrasi (in corsivo). L’argomento è, come si diceva, la creazione di uno spazio sacro e, qui, elenca alcuni consigli preliminari.
Stato mentale e spirituale
Per stato mentale, Dominguez si riferisce alla memoria, alla parte cognitiva, e al pensiero lineare mentre, con il termine spirito, si riferisce all’essenza, alla parte centrale della propria identità e a ciò che esiste al di là del sé. Riguardo questo, divide le sue indicazioni pratiche in quattro passi, quasi si trattasse di una sequenza:
- Background (lo sfondo, la cornice di riferimento): Pianificando un rituale o un lavoro magico, usa la tua mente per individuare i migliori e più appropriati strumenti di creazione dello spazio sacro secondo lo scopo che ti sei prefissato. Analizzane i punti di forza, di debolezza in modo razionale e sottoponi poi il tuo giudizio al vaglio della tua spiritualità. Forma, essenza e proposito devono essere in armonia: nessuno di questi aspetti deve essere predominante sull’altro. – In effetti, se è vero che il cerchio tradizionale Wicca (e chiamata ai quarti) si presta pressoché ad ogni tipo di ritualità, non è da escludere a priori che, per lavorare con certi pantheon o per particolari scopi possa avere più che senso utilizzare altri sistemi (penso, ad esempio, ai Blót per le divinità norrene). Certo, non può e non deve essere la sola razionalità -magari guidata da vezzi di purezza filologica- a decidere quale lo strumento migliore, tuttavia, scegliere un approccio piuttosto che un altro richiede uno sforzo ANCHE teorico: è importante conoscere la cosmologia, il sistema dei miti, del pantheon di riferimento e delle forze con cui vogliamo rapportarci;
- Prima di fare: La preparazione mentale più immediata è relativa al figurarsi i dettagli e l’ordine di esecuzione del rito. Conosci quel che vuoi fare. Quando è appropriato e opportuno, impara ‘a memoria’ quanto più possibile quel che andrai a fare e/o dire. Questo è anche il momento per accertarti che sia tutto in ordine e sia presente tutto il necessario per iniziare. E’ possibile prevedere una preparazione spirituale che coinvolga meditazioni, preghiere, affermazioni di intenti o qualsiasi altra tecnica che possa aiutare lo stabilirsi di una connessione fra il personale e il trans personale. Trovare simboli personali la cui visualizzazione rimandi a questa connessione con la propria spiritualità può rendere la transizione verso questo giusto stato più completa. – Quest’ultimo consiglio è davvero molto efficace. Anche senza utilizzare strani ‘simboli’ o glifi, associare un gesto o una abitudine ad un particolare stato interiore può essere utilissimo. Gavin (Bone), ad esempio, prima di ritualizzare, indossa al collo un particolare sacchetto… e questo gesto ripetuto nel tempo, proprio in questa fase, ha creato una sorta di ‘rito personale’ che lo porta automaticamente in quello ‘stato’. Per me, più modestamente, è indossare la cinta con i nodi della mia iniziazione, ognuno può trovare il proprio. Vedrete che il tempo e l’abitudine creeranno questo automatismo (come cambiare marcia mentre si guida);
- Durante: L’adattamento fra mente e spirito può risultare difficile all’interno della realtà ‘alterata’ dallo spazio sacro creato. In altre parole, può essere facile e frequente avvertirsi disorientati o distratti […]. Se senti di aver perso concentrazione, poni attenzione al tuo respiro, al battito del tuo cuore […]. – Tanto quanto questo vi capiterà di rado se siete solitari e/o agli inizi, così, all’opposto vi capiterà le prime volte che vi troverete a ritualizzare in congrega, o con gruppi costituiti da membri esperti o, più semplicemente, una volta che abbiate imparato a creare uno spazio sacro in modo efficace. Per rimediare a questi possibili sfasamenti, il respiro è certamente uno strumento potente ma, forse più ancora, il mio suggerimento è: aspettate. Se vi sentite disorientati, fermatevi un secondo, ripercorrete mentalmente quanto dovete fare e, in buona sostanza, ripetete quanto già detto della fase precedente;
- Dopo: Il giorno stesso del lavoro, prendetevi il tempo per riflettere su come sia stato eseguita la creazione dello spazio sacro e il rituale, se sia stato efficace, e come vi siate sentiti durante le sue fasi. – Fatelo mentre ne avete ancora fresca memoria, se avete ritualizzato assieme ad altri, confrontatevi con chi era con voi. Questa fase è preziosissima nel fissare in se stessi l’associazione fra alcune sensazioni percepite e come queste siano legate ad accadimenti energetici e magici all’interno dello spazio sacro. Questo vi permetterà di affinare importanti strumenti di ascolto che costituiranno una parte fondamentale del vostro bagaglio di esperienza. Soprattutto, sfruttate il confronto con altri per distinguere fra sensazioni che dipendono da una vostra particolare predisposizione soggettiva e sensazioni in un qualche modo ‘condivise’ che attengano, ad esempio, ad un immediatamente rilevabile aumento o calo di energia nel rito;
Energia fisica ed emotiva
In parallelo a quanto detto prima e ricalcando le medesime fasi, ecco quanto concerne il lavoro energetico:
- Background (lo sfondo, la cornice di riferimento): Primariamente, la preparazione interiore a livello emozionale, ed energetico riguarda la purificazione. – Non posso che concordare, infatti, non a caso sulla purificazione abbiamo già scritto estesamente QUI e non mi dilungherò oltre, è però interessante il fatto che al riguardo Dominguez citi anche il noto ‘adagio’ Wicca “In perfect love and perfect trust” (perfetto amore e perfetta fiducia), è un passaggio importante su cui mi riprometto di tornare estesamente in un prossimo articolo. Per ora, basti questa riflessione: purificarsi, slegarsi dalla mondanità, significa ANCHE entrare nel rito con fiducia;
- Prima di fare: Immediatamente prima della creazione dello spazio sacro (e della ritualizzazione in genere) è importante mettere da parte ansie e irritazioni della vita di tutti i giorni. Dico ‘mettere da parte’ invece che ‘rilasciare o abbandonare’ perché i nostri le nostre difficoltà o guai sono reali e devono essere considerate come valide e meritevoli di attenzione. […] Mettere da parte non significa che vadano ignorate ma, piuttosto, che debbano essere considerate nel posto e al momento giusto. – A dispetto di certa letteratura New Age, ciò è vero non solo perché non è spesso possibile altrimenti ma, anche, perché in certi frangenti è addirittura sbagliato. Si pensi, ad esempio, a rituali di guarigione, ecco, pensate che la malattia su cui state operando sia qualcosa di meritevole della vostra attenzione? Se no, perché dovreste intervenire? (a quelli fra voi secondo cui “la natura deve fare il suo corso” in ogni caso, faccio notare che -molto probabilmente- se non aveste mai assunto antibiotici sareste già sottoterra. La prossima volta, siate coerenti e fateci il piacere: non prendeteli) ;
- Durante: Il pensiero è lo stato della mente e dello spirito che danno forma alla creazione dello spazio sacro (N.d.T. e del rito) ed è l’energia emotiva e spirituale che rende disponibile la riserva di potere necessaria al successo. Per generare o liberare l’energia richiesta devi ‘lasciare andare’, ‘lasciare perdere’. Se stai pensando che io mi riferisca a quello stato meditativo di abbandono/arresa del tuo sé al flusso del rito, allora hai parzialmente capito il giusto. Il pezzo che forse ti manca per avermi compreso fino in fondo, il più importante, è che mi riferisco all’abbandono dell’auto giudizio su quanto tu possa apparire sciocco, goffo, impacciato o comico durante il rito […] Il lavoro magico richiede una certa dose di confidenza con la propria vulnerabilità. Vulnerabilità e intimità sono spesso connesse al lavoro magico, sia che stiate lavorando da soli o, a maggior ragione, in un gruppo. – Ecco, in quest’ultimo passaggio, trovate un bell’esempio di uno dei significati più pratici che abbia la necessità di entrare in un cerchio “In perfetto amore e perfetta fiducia”. E prosegue: E’ esperienza comune nelle nostre vite che ci siano cose per cui sentiamo timidezza o che ci rendono insicuri, come danzare, cantare o esprimere affetto. Le cose che ci rendono più nervosi sono spesso proprio quelle che più vorremmo fare. – Quanto è vero, e quanto è importante superare questo senso di inadeguatezza… sia da un punto di vista magico e sia, soprattutto, per il proprio benessere emotivo;
- Dopo: […]Alla fine del lavoro, dovresti radicarti e centrarti, magari ripetendo queste attività anche più tardi se ti sentissi ancora sbilanciato”. – Per molti non è nulla di nuovo, mentre, per molti altri che sono all’inizio non è sicuramente cosa banale. Radicarsi e centrarsi, in effetti, non sono attività così facili come si potrebbe pensare e per mia esperienza ritengo non si possano imparare con sicurezza senza confrontarsi con qualcuno che sappia farlo e riconoscere la loro riuscita in un altro… tentate comunque facendo del vostro meglio.
Come avrete già capito, il libro di Dominguez è un testo che sento di consigliare a chiunque sia agli inizi e non abbia problemi con la lingua inglese. Lo suggerisco anche a chi padroneggi da anni l’argomento; per quel che mi riguarda, mi sta dando modo di riordinare ‘materiali’ mentali e di esperienza che, dati ormai per scontati, meritavano comunque ulteriore attenzione. Oltre a ciò, mi ha fornito tanti indicazioni su quali argomenti meriterebbero qualche approfondimento nei prossimi articoli…
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