Vedere la Magia

di Luca Ariesignis Siliprandi

Com’è noto, uno dei tratti peculiari della Wicca e di larga parte del paganesimo, è l’approcciarsi alla magia quale elemento fondamentale dell’esperienza religiosa e spirituale. Al netto delle tante possibili definizioni di “magia” che meriterebbero tante tantissime riflessioni, quando si parla di magia, la nostra mente ci rimanda spontaneamente all’idea di straordinario, di meraviglia o di spaventoso, di impossibile, di eccezionale ed è così che, specie chi è agli inizi, si aspetta le cose più fantasiose e mirabolanti.

Cose fantasiosi e mirabolanti che, però, puntualmente: non accadano. Con questo non voglio dire che, per certi versi, la magia possa portare a vivere esperienze assai “strane”. Anzi, chiunque abbia qualche anno di pratica alle spalle spesso conserva un bel catalogo di episodi ed aneddoti da raccontare davanti al fuoco o dopo cena in una notte di novilunio quando infuria il temporale, eppure, sono giusto appunto aneddoti, episodi rarissimi che spiccano fra i mille eventi della routine di ogni giorno. 

Ed allora, delusi dall’ordinarietà, impazienti di poter dire vingardium leviosa (si dice leviooooosa, non leviosààààààà), accendere fuochi con la mente e quant’altro, il saggio consiglio di portare la magia nella quotidianità viene frainteso e stiracchiato a favore delle proprie fantasie fanciullesche o di non troppo sane manie egoiche che portano il soggetto in questione a vedere magia ovunque. E dico ovunque letteralmente!

 

Così, una sensazione di ansia entrando in un posto affollato si trasforma in “c’é molta negatività” ed una piuma per strada diventa un segnale inviato loro dall’universo, un inciampo si trasforma in malocchio, un déjà vu  è il ricordo di vite passate etc. etc.

Insomma tutto diviene magico e, in effetti, lo è: si chiama magia dell’illusione ed è una delle magie più potenti esistenti al mondo. In questo mondo illusorio, magari vi ci troverete anche bene per un pochetto ma, se mi concedete la metafora, sappiate che in questo caso quel che state facendo sta alla magia come giocare a softair sta alla guerra.

Ma…

Vedere chiaramente, è tutt’altra cosa. Vedere la magia oltre alle nostre illusioni è, per dirla con Ruskin, poesia, profezia e religione. Azzardo: vedere la magia, vederla sul serio è il primo degli atti magici.

Parlo del ‘vedere’ e del ‘sentire’ perché sono condizione essenziale ed in un qualche modo preordinata a qualunque possibilità di ‘fare’ magia. Permettetemi un esempio, avete mai notato che dove si insegna danza almeno un’intera parete è a specchio? Ecco, così come nella danza il ‘vedersi’ è condizione essenziale per imparare un movimento, o ‘sentirsi’ lo è per suonare… così è per la magia. Parlo qui di un ‘vedere’ che poco ha a che fare con gli occhi, ed ha invece molto più a che fare con l’Assoluto induista (Brahman) così come lo troviamo in alcuni passi delle Upanishad: “colui che non si vede con lo sguardo, ma grazie al quale gli sguardi vedono”

Portare la dimensione magica nella propria quotidianità è tutt’altra cosa che vedere fatine in ogni farfalla. Portare la dimensione magica nella propria quotidianità significa, fra le tante cose, in primis liberare il proprio sguardo ed il proprio sentire: permettergli cioè di vedere senza le lenti colorate delle nostre aspettative e senza le illusioni deformanti delle abitudini.

Non riesco a spiegarlo meglio se non rubando parole altrui:

“Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l’ombra che non c’era”. (José Saramago)

E stupirsene.

Non a caso la magia è anche detta l’Arte.



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