Si può essere ottimi wiccan e/o neopagani anche quando si è in difficoltà, anche quando può sembrare che ci si sia fermati

di Luca Ariesignis Siliprandi

Nessuno può chiedervi di essere sempre al 100%, sempre sorridenti, sempre calme/i, sempre “vincenti” (termine che fa orrore ma che, dai film americani, è passato anche in Italia in un modo che da il voltastomaco)…
Perché è una sciocchezza bella e buona che se siete brave/i allora dovete essere così e cosà, sentirvi così e cosà, fare questo, fare quello, avere sempre energie per tutto e tutti, riuscire sempre, esaurirsi mai. Per giunta, mi raccomando, sempre sorridendo… “che il vostro piangere fa male al Re”.

In questi pensieri che condivido con voi, ci sta anche una bella vagonata di autocritica perché, lo ammetto, alle volte chiedo questo a me stesso e tutti gli altri che partecipano al cammino della nostra Congrega o del suo Cerchio Esterno. Non pretendo mai dagli altri più di quanto io non pretenda da me stesso ma, alle volte, pretendo molto. Tanto, troppo.
Un po’ ci sta, ed ha un suo senso, infatti, si è troppo spesso molto disponibili a darsi scusanti ed auto-assoluzioni sul lavorare poco e non prendersi appieno responsabilità su cui ci si è presi impegni reciproci molto chiari; tuttavia, la Vita è una cosa complicata e noi, quanto a risorse energetiche (materiali, corporee e non), siamo tutto meno che infiniti.

Perfino qui, nel nostro percorso, la logica imperante dell’efficienza ad ogni costo ha messo le proprie mani contaminandolo di sensi di colpa e inadeguatezza quando, per l’appunto, non si risponde ad un ipotetico ideale produttivo. Penso ad esempio ad uno stereotipo secondo cui, fare tanto, essere stanchi morti, ti da valore “Ho fatto così tanto che ho dovuto dormire per tre giorni”, non ti da valore, dice solo che non hai saputo darti un limite ed una misura adeguata rispetto alle tue energie (badate, e lo dice persona che su questo sbaglia spessissimo). Invece, in particolare questo cammino, ha necessità di attese, di stop, di arresti… quando non addirittura di tornare un poco sui propri passi.

Questo cammino ha anche necessità di attese, di stop, di arresti

Quando si parla del rientrare in se stessi (specie nel periodo dell’equinozio di autunno), non si tratta, ovvio, di fermarsi a guardare correre le nuvole, almeno non sempre. Alle volte, però, è proprio quel che si dovrebbe fare. Sedere, e basta. Specie se siamo stanchi o se, come capita non di rado, stiamo combattendo le nostre piccole o grandi battaglie personali. Può essere il lavoro o una relazione che sta andando in malora (o è già finita), anche solo difficoltà organizzative (figli&co). Insomma, come si diceva, la Vita non è mai una passeggiata e, anche se si deve evitare di usare questa massima come scusante onnipresente per il non fare e il disimpegno o la pigrizia, in alcuni casi davvero ci sopraffà. Non ultima cosa, e merita due righe in più, può esserci la malattia, fisica o meno che sia.

La malattia è qualcosa che alle volte pone ostacoli e richiede battaglie estenuanti che non sempre siamo in grado di vincere. Malattie gravi, fra cui va annoverata la depressione così come altri disturbi di natura non strettamente fisiologica in senso stretto, sono in grado di spezzare il cammino anche della persona più forte. Le nostre certezze, infatti, vacillano e tutte le nostre belle parole ed esperienze fatte rispetto al mondo divino, ci sembrano vuote quando non addirittura odiose. Quest’ultima cosa, peraltro, non accade solo quando ci tocca la malattia ma, come notava già A.Crowley, può essere una vera e propria fase interna ad un cammino devozionale (mi riferisco ad un passaggio del suo Liber Astarte o più precisamente de “ASTARTE vel Liber BERYLLI sub figura CLXXV” che invito i più zelanti a procurarsi e leggere).
Comunque sia, quando succede, non sentitevi in colpa e, sopratutto non accettate chi vi colpevolizza. La fatica, il dolore, li conoscete solo voi e nessun altro.

Può anche darsi che, agli inizi, questo non sia capito, che veniate magari sproniate/i a “reagire” o che, semplicemente, per un certo periodo qualcuno si ponga il dubbio rispetto al fatto che siano in fondo fondo solo scuse.
Lo dico con certezza perché, in alcuni caso, l’ho fatto e lo faccio, così come l’ho subito io stesso: per questo so quanto sia odioso.
Il punto, però, è che non solo è cosa antipatica ma, per di più, rende ancora più ripida una salita che già stiamo affrontando con difficoltà. Dunque, non sentitevi in colpa. Anzi, questo potrebbe essere un ottimo momento per usare ciò che fino a ieri sembravano semplici esercizi; queste sono le “battaglie magiche”, quelle vere.
E’ qui che si vede quanto si ha realmente appreso in “tempo di pace”.
Inoltre, queste situazioni sono il momento perfetto per imparare una grandissima magia, il cosiddetto “risparmio energetico interiore”.

Nessuna battaglia può essere vinta senza adeguate linee di approvvigionamento, mezzi e capacità di concentrarsi sugli obiettivi più importanti

Ecco, cominciamo da questi famosi obiettivi: il primo siete Voi. Sempre. Se non state bene, non potete essere di sostegno ed aiuto a chicchessia (ammesso e non concesso che davvero sia sempre necessario essere aiuti o sostegni). Men che meno potete andare avanti a perdi fiato in un cammino che, per stanchezza e sfinimento, vi sembrerà sempre più grigio, insensato e, fondamentalmente, così andrebbe finire: tale risulterebbe. Ripeto. Fermatevi. Non portatevi oltre ai vostri limiti prima di aver capito quali siano, il prezzo può essere davvero, davvero molto salato (lo dico per esperienza personale). Ancora una volta, come una filastrocca, come un mantra, ” non-fatevi-influenzare-da-quest’epoca-dell’efficientismo”, dove tutto deve essere risolto in un colpo solo: fate un passo alla volta. Non disperdete energia, fate un passo solo se necessario. Ricaricatevi il più possibile. Ecco… il possibile.

Alle volte, siamo così abituate/i a dare e fare senza fondo, senza dare limiti, da sfinirci, logorarci. Dare dei limiti è salubre e necessario: a tutti. Dare dei limiti è utile perfino se si tratta del proprio impegno verso gli Dèi, figuriamoci nella vita quotidiana più banale.
“Vieni a cena fuori, dai, lo sai che X ci tiene molto?”.
-“No, sono troppo stanca/o, devo riuscire a riposarmi”.
Alle volte, basta rispondere così e, chi non capisce, meglio non averlo fra i piedi. Le battaglie, davvero, spesso si vincono stando fermi, in risparmio energetico, dando al proprio corpo e alla propria mente il tempo per ricaricarsi, per avere energie sufficienti al prossimo faticosissimo passo.
Allo stesso tempo, non tagliate le linee di approvvigionamento alle vostre spalle, perché da soli ogni battaglia è più dura e difficile e, anche se a vincerla sarete voi e solo voi, alle volte un aiuto può fare la differenza.
Ora, però, dopo questa serie di consigli piuttosto banali e inutili, veniamo al dunque di questo articolo.

Se state combattendo la vostra battaglia personale, non siete “sedute/i”, non siete realmente ferme/i e, soprattutto, non siete Streghe/oni, Wiccan e/o neo-pagani di serie B

Semplicemente avete alcune urgenze qui ed ora che vi impedirebbero di progredire realmente e godere appieno del vostro percorso spirituale. Se hai perso il lavoro e non sai come pagare la bolletta della luce, si ha un bel dire di restare calmi e di pensare a preparare il rituale per il plenilunio. Se non sai da che parte prendere nella gestione dei figli e della famiglia, ecco, idem come sopra. Riuscite a conciliare il tutto? Bene. Non riuscite? Dedicatevi a ciò che in quel momento è più importante e lottate, lottate, a pugni e denti stretti. Le migliori Streghe ch’io abbia mai conosciuto sono diventate tali passando attraverso a fasi di questo genere. Credetemi.
Non fatevi dire dagli altri che non valete, che dovreste fare questa o quell’altra cosa altrimenti beh, insomma, non siete “brave/i”. Non permettete a nessuno di valutare le vostre battaglie personali, perché in alcuni casi, è proprio a partire da periodi di assenza rispetto a quello che usualmente chiamiamo cammino spirituale che diventiamo ricchi, consapevoli e più forti. Perché questo cammino, è in realtà sempre presente, sempre in movimento… anche se magari sono mesi che non aprite un libro, un cerchio o accendete un incenso (parimenti, non datevi scuse, perché dopo un po’ c’è il rischio che, paradossalmente, una situazione di costante emergenza diventi un paravento per non affrontare i problemi, per evitarli godendo magari della pazienza e sostegno di chi vi sta attorno).

Dovete “fermarvi” per tre mesi, sei, un anno? Due? Fatelo, ‘fanculo tutto il resto.

Se davvero avete intrapreso questo percorso, riprenderete, vedrete… E lo farete con una forza, con una consapevolezza che ora non immaginate nemmeno.

Alle volte, “fermarsi” fa bene, e non vi rende di serie B. Che poi, davvero davvero davvero credete esista uno stare fermi?

Una persona saggia mi ha fatto notare che il semplice fatto che il tempo stia passando, che ci venga addosso sopravanzandoci, ci illude di sovente che si stia facendo qualcosa (e magari non ci si è mossi di un millimetro), ed è anche vero il contrario: non sarà il vostro sbracciarvi e girare come mosche a farvi muovere… alle volte, appunto, la migliore delle attività è sedersi: per combattere.





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