Non sono inclusivo (o accessibile) come volete voi

di Luca Ariesignis siliprandi

Se è vero che gli Dèi manifestano la realtà, dovremmo -mi dico- prenderne atto e considerare che non sono “inclusivi” o “accessbili”, perlomeno se leggiamo questo termine secondo la vulgata attuale. Per metafora, pensiamo che il cammino sia l’equitazione, ambiente che conosco. Ok?

Allora faccio un esempio: andavo a cavallo, al massimo della prestazione saltavo 1.10mt. poi ernia al disco, operazione, schiena di cristallo. Oggi, quando vedo una scuderia piango. Mi manca. Però mica mi incazzo con chi può ancora cavalcare e, nemmeno, gli chiedo di non saltare perché -altrimenti- mi sentirei “diverso” o “escluso”.

Allo stesso modo, nel mondo a Mulino Bianco di alcuni, Marte in fondo è pacifista e Fauno lo frequenti in un monolocale milanese, magari in sedia a rotelle. Piace dirlo? No. Però gli Dèi se ne strafottono. Diciamocelo e fine: gli Dèi, non sono sempre acessibili o inclusivi nel modo che oggi è diventato moda. Questa idea di accessibilità dovuta così, senza collegamento con il reale… qualcosa di “indiscusso” e non ragionato che però, in effetti, esclude la vera possibilità di includere in modo sano.

In giro, leggo anche di chi si lamenta che gli “anziani” facciano cazziatoni sulla mancanza di reale impegno nel frequentare gruppi di studio, si dice: se uno è povero, se uno è lontano, se uno -per citare argomentazioni che ho letto- magari non ritiene che la religiosità sia parte così determinante della propria vita, che facciamo? Si fa come per il cavallo: non si fa, punto.

Nessuno ve lo chiede. Però, appunto, non abbiate pretese. Fate ciò che volete, nessuno ha chiesto nulla, no? Però non facciamo passare il ragionamento che vale tutto, tutti cattivi perché, poverino uno, non può andare a cavallo.

La cosa divertente è che, se si è profondamente convinti dell’esistenza della magia e la si applica, certe argomentazioni “inclusive” sono surreali e, se posso dirlo, costituiscono solo buone scuse per levarsi dalle spalle un certo impegno. Perché ognuno ha la sua situazione personale, complicatissima, certo.

Noi vecchi, invece, noi sì che siamo stati fortunati. Moltissimo. Per essere oggi qui a “pontificare” (come dicono alcuni) lo sa Rhea, mia Alta Sacerdotessa, che per quei miseri 200km circa fra Parma e Torino, con uno stipendio da impiegato, moglie disoccupata, ho dovuto -davvero- mangiare patate: non avevo i soldi per permettermi altro. Che scemo. No? Avrei mille altri racconti del genere riguardanti persone oggi molto note nell’ambiente pagano, ma delle vitacce fatte, ve lo racconteranno loro.

Allora, tornando all’argomento inclusività, abbiate pietà di noi, vecchi isterici rompiscatole, che vi richiamano ad una onestà con voi stessi: interessa? Fallo. Lo vuoi online? Non hai l’auto e 10 o 50km sono insormontabili? Ecco, è come per il cavallo. Non saltare.

Capita che non si possa. Però non credo che il problema sia reale e così diffuso. Perlomeno, non date la colpa a noi… stiamo invecchiando, siamo stanchi, e le vostre menate fanno sorridere il cielo d’imbarazzo.

Io, così come Rhea, abbiamo sempre previsto “borse di studio” per chi non arriva a fine mese… nessun gruppo di studio ci ha arricchito (ogni quota è versata in una cassa di congrega con cui si acquistano materiali etc.). Fatevi una bella risata ed un profondo esame di coscienza, che noi ci mettiamo serate e weekend per darvi suggerimenti di cammino.

Ora, chiedo gentilmente, siate inclusivi anche rispetto a questa mia “sedia a rotelle” che non mi permette di prendervi sul serio.

Sul serio, prenderò chi invece ha davvero una disabilità e, sedia a rotelle o meno, lo porterò nel bosco a conoscere Fauno. Magari lo farà meglio di voi. Sicuro.



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