Integrare il proprio lato oscuro, sfina

di Luca Ariesignis Siliprandi

Scorrendo Facebook, grazie alla bacheca sempre ispirata di Cristiano Curti (collaboratore di Venexia Edizioni, casa editrice a cui dobbiamo la pubblicazioni di testi interessantissimi per il nostro ambiente), ho incrociato questa bella citazione di Marie-Louise von Franz:

“Coloro che hanno integrato molto del proprio lato oscuro, hanno una sorta di autorità invisibile, acquistano di peso e gli altri non osano attaccarli, perché sentono istintivamente di rischiare uno smacco bruciante”

La Dott.ssa Franz di lato oscuro se ne intendeva… inizialmente allieva e collaboratrice di C.G.Jung, è stata fra le più importanti figure della psicologia analitica classica del XX secolo e a lei dobbiamo un intenso lavoro di esplorazione degli archetipi presenti nelle fiabe (per dirla brevemente, senza la Franz libri come “Donne che corrono con i Lupi” et similia, nemmeno esisterebbero); ma torniamo alla sua citazione ed analizziamola per gradi: coloro che hanno integrato molto del proprio lato oscuro, hanno una sorta di autorità invisibile, acquistano di peso e gli altri non osano attaccarli, perché sentono istintivamente di rischiare uno smacco bruciante.

Marie-Louise von Franz

Di questo “lato oscuro”, di questo lavoro con “l’Ombra”, abbiamo parlato diverse volte (potete cliccare QUI’ per leggere uno degli articoli che maggiormente ne tratta); con smisurata maggiore competenza ne parla Vivianne Crowley (HPS Alexandriano-Gardneriana nonché docente di psicologia) nel suo Wicca: The Old Religion in the New Age (I poteri della Wicca) che suggeriamo come lettura davvero importante.

Ad ogni modo, nella psicoanalisi Junghiana -semplificando molto- l’ombra è una disposizione primordiale e collettiva, è quella parte del sé che non accettiamo o, per farla ancora più semplice, è costituita da tutta quella parte di noi di natura istintiva che, per incompatibilità con ciò che scegliamo di essere (o che vorremmo essere), non vengono vissute. Ognuno di noi ha la propria Ombra e, anche se tendiamo ad ignorarla o addirittura a rifiutarla, è un lato ‘oscuro’ che ingloba tutti i contenuti rifiutati, rimossi e non autorizzati dalla coscienza.

Si dice che l’ingresso del Tempio di Apollo (Dio luminoso per eccellenza) di Delfi recasse la scritta “Conosci te stesso” e, per conoscere realmente chi si è, dice Jung, è necessario innanzitutto riconoscere che in sé esiste anche l’Ombra e, che l’oscurità che noi riconosciamo intorno a noi, vive innanzitutto dentro di noi.

Con questa Ombra (in noi, e fuori da noi), inevitabilmente, prima o poi e più o meno gradualmente, si dovranno fare i conti (perlomeno in termini di conoscenza).  Confrontarcisi, è un passaggio importante lungo il nostro percorso, spesso molto difficile,  eppure, volendo proseguire, è pressoché inevitabile. Nell’ambiente ermetico è nota la sentenza attribuita a Trismegisto che «Trarre il raggio dall’ombra, o gran lavoro!» e, in effetti, non vi è completezza interiore se l’una (la luce) non riconosce l’altra (l’ombra) -e viceversa-… e questo è vero in ambito psicologico così come lo è in ambito magico.

“Non raggiungeremo mai la nostra totalità, se non ci assumiamo l’oscurità che è in noi, poiché non c’è corpo che, nella sua totalità, non proietti un’ombra, e questo non in virtù di certi motivi ragionevoli, bensì perché è sempre stato così e perché tale è il mondo”

(Carl G. Jung)

Non è vestendosi della propria Ombra che si assume “peso specifico”, bensì lavorando su questa per integrarla

Spesso, questo “lavoro” è frainteso. Se anche, in una certa fase del lavoro, può avere un senso e diviene in un qualche modo necessario e naturale misurarsi anche esteriormente con temi e simboli “orrorifici” o appunto “bui”, ciò non comporta per nulla l’acquisizione di quella sorta di “autorità invisibile” di cui parla la Franz. Certo, come da immagine ironica in copertina “passare al lato oscuro sfina”, ma non si tratta di questo. Negli ultimi venti anni ho incontrato un buon un numero di persone che si sono perse in questa illusione… per non affrontare la propria ombra, la si proietta come modo e stile sull’esterno, ma è solo apparenza.
Provo a spiegarmi meglio. Amo il nero, amo il metal, amo una certa estetica dark gothic, ok? Tuttavia le persone più fragili e con il lavoro più mal fatto rispetto alle proprie ombre ch’io abbia mai incontrato, usavano appunto questo aspetto esteriore per non confrontarsi realmente con quanto è oscurità: teschi e merletti neri, non vi serviranno a nulla se non per qualche follower in più su Instagram.
Ovvio, chi ha difficoltà ad affrontare questi aspetti, esteriorizza, proietta cioé all’esterno quanto dovrebbe invece risolvere in sè; anche per questo è irresistibilmente attratt@ da certe atmosfere che riguardano in fin dei conti solo l’apparenza. In realtà, sappiate che si può lavorare sulla propria ombra ed integrarla anche in tuta pigiama da unicorno rosa.

Si deve gridare rotolandosi fra le foglie del bosco e sbattere sassi di fiume scheggiandoli, spaccandoli. Farsi sanguinare le dita insistendo a scavare, e piangere, e confrontarsi con i propri limiti, con tutto quanto non troviamo bello in noi. Dalla puzza nell’ombelico all’odio profondo -dico per dire- che istintivamente magari proviamo per qualcuno in modo immotivato. Si deve anche confrontarsi con la morte, con il cambiamento, ma sul serio. Tipo svegliarsi e non riconoscersi più, tipo perdere un amore o un proprio caro piangendo rannicchiati in un angolo e comprendere che tutto il maremoto di pulsioni, di fremiti, di grida, ci pongono una domanda: cosa e chi sono veramente io? Questa parte che non voglio di me, cosa è? Questo dolore, questa avversione, questa nausea, questa noia, questo o quello che odio, in che modo sono aspetto di me?

Come dicevo, teschi e merletti neri, non serviranno.
Indossiamoli, usiamoli pure, ci mancherebbe, ma non ci porteranno più avanti di un solo passo.

Integrare la propria Ombra non significa renderla innocua per trattarla poi come una cucciolotta scodinzolante

L’ho scritto anche poco tempo fa (QUI), forse vi aspettate ch’io ora proponga “integrazione”, “alchimia rigenerativa”, “accoglimento in sé stessi dell’ombra” intesa in questo modo, come di qualcosa da addomesticare e rendere una bestiolina docile: NO. Quello che propongo qui è smettere di voler mettere un collare ad ogni cosa, anche a parti di voi stesse/i. Ovvio, sia chiaro, non sto dicendo di lasciare a casa ogni qualsivoglia forma di autocontrollo, al contrario (se l’ombra volesse abbracciarvi, scappate!!!). Questo accade nei meccanismi di rimozione, questo accade quando si gira la testa, quando si vuole ignorare una parte importante che, prima o poi, troverà la sua strada per manifestarsi e, quando vi riuscirà, vi abbraccerà in una stretta in cui perderete. Quindi, mi dico, possiamo concentrarci maggiormente sul conoscerci, sul percepirci senza fermarci al velocissimo e preventivo “Controlla tutto”? Riusciamo?

Integrare, qui, significa superare il rapporto di antitesi fra noi e l’ombra raggiungendo una sintesi (per dirla con termini cari alla fenomenologia dello spirito di hegeliana memoria). Non si tratta di negarla, ma trarla e trarci oltre in un nuovo stato di coscienza e di rapporto con questa. E’ in questo che si acquisisce “peso specifico”. Lo potete riconoscere negli occhi di alcune persone, davvero.
Non abbiatene paura, non abbiate paura del vostro “potere personale”. Parlare di (e del) potere è sempre difficile perché questa parola evoca spesso gli aspetti più degenerati del suo utilizzo e delle persone che, purtroppo, lo intendono come mezzo per appagare il proprio ego e le proprie voglie a qualsiasi costo. Forse è per questo che negli ambienti legati alla spiritualità, tanto quanto ‘è normalmente accettata l’idea di perfezionamento o potenziamento tanto quanto, invece, l’idea di cercare “il Potere” o anche solo parlare di potere tout court fa spesso storcere il naso.

Eppure, la parola potere dovrebbe portare con sé significati tutt’altro che negativi, cito da un comune vocabolario: ‘facoltà di fare, secondo la propria volontà’ oppure, più in dettaglio, ‘avere la possibilità, la capacità morale o materiale, o anche gli strumenti per compiere una data azione’  (nel caso voleste approfondire, su questo abbiamo già scritto estesamente QUI).

Integrare il lato oscuro, sì, sfina, perché se per l’appunto riuscirete a svolgere questa incredibile opera alchemica interiore (e qui, permettetemi, il termine è usato con un senso preciso), acquisirete potere, nel senso migliore del termine.

L’autorità è cosa che non vi riguarda direttamente

A dispetto della vulgata secondo la quale l’autorità sia cosa “conquistata” in una sorta di lotta rispetto agli altri, quasi si trattasse di raggiungere per primi uno scettro con cui bastonare i concorrenti ritardatari in una gara è, invece e piuttosto, un “peso specifico” degli occhi, del cuore e dello spirito e dell’anima (o di qualsiasi altra cosa preferiate) che, semplicemente: ci viene riconosciuto dagli altri, nostro malgrado.
Senza lotta, senza conflitto, senza gara.
L’unica lotta, conflitto e gara si è svolta in noi e con noi. Non esiste alcuna medaglia, alcun titolo esterno che ci dia una reale autorità. Gli altri, sì, possono o meno riconoscerla, ma non dipende da loro e da questo. Se vi pare differentemente, se pensate che la vostra “autorità” dipenda da quanto siete stimati, fate la voce grossa o “ci ho gli amici importanti”, siete vittime di un terribile equivoco dovuto al fatto che, in fondo, ancora varrebbe forse la pena lavoriate sul vostro lato oscuro.
L’autorità attribuitavi dagli altri è cosa che non vi dovrebbe interessare se solo aveste acquisito quel peso di cui parlava la Franz. Pensateci.
Non importa proprio nulla rispetto a ciò che siete, fate e vivete.

Vero è che siamo esseri sociali e, in una comunità, alcune dinamiche di interazione esistono e sempre esisteranno, alle volte in modo positivo, alle volte no. Poco importa, sta a voi scegliere quanto seguirle, adattarvi, rifiutarle etc. etc.

Eppure, il Vostro potere, la Vostra autorità è qualcosa di naturale e che -sempre naturalmente- può esserci o meno. Dipende da voi, dal lavoro svolto, quello duro, quello che alle volte ti spezza in due e non sai se ne uscirai vivo.

Non basteranno teschi e merletti, ne mille mila follower. Perché, se mentite agli altri o -peggio- a voi stessi, vi basterà incontrare chi questo lavoro lo ha fatto, vi guarderà negli occhi sorridendo, magari con una maglietta lilla in scarpe da ginnastica e capirete (forse).
D’altronde, questo è uno dei lati che trovo più belli della stregoneria: non esiste titolo altisonante che regga senza questo lavoro alle spalle.

E se, dico per dire, vi sentiste di avere una autorità, un peso che nessuno capisce o condivide poco importa, però, e so che vi sembrerà un assoluta contraddizione con quanto detto prima, fatevi due domande, anche tre.

Se in questo la contraddizione avvertite, beh, buon lavoro.





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