Il Tempo del Riposo

(di Rhea Anna Bertorelli)

La nebbia s’alza leggera. Avvolge ogni cosa, come una coperta. Le cose, gli oggetti, si fanno sfuocati ma io continuo a camminare… Il sentiero serpeggiante si snoda in mezzo al bosco. Se poi possiamo chiamarlo bosco… Alberi radi ma di cui non si intravvede la fine… Alberi dopo alberi con rosse foglie umide di nebbia. Non c’è fine, non c’è tempo…

Cammino sicura, forte del mio essere. La mia corona non mi pone limiti, tutto mi è dovuto. “Apri questo Cancello e fammi passare” Testa alta, petto in fuori. Nessuno osa opporsi al mio volere! Io fondo io sono Sacerdotessa e Regina. Mai ho ricevuto un diniego… Ma chi è questo sciagurato che osa chiedere, seppur in tono deferente, un prezzo per oltrepassare queste misere sbarre? Davvero pensa ci sia qualcosa che io non posso avere?

A testa alta oltrepasso il primo cancello, determinata ad arrivare a ciò che mi sono prefissata ovvero entrare nel Regno del Signore senza Tempo… In fondo ho solamente dovuto donargli la mia corona.
Ho ricchezze a sufficienza per averne altre mille!
Continuo il mio viaggio avvolta nella nebbia leggera ed ecco che nuovamente un sinistro figuro blocca il mio incedere regale. A lui devo dare i miei orecchini ma glieli cedo senza protestare, pur di andare avanti e giungere al terzo cancello dove cedo la mia collana…

Son solo a metà del mio viaggio e ho perso la mia corona, i miei orecchini e la mia collana. Comincio a vacillare… Mi sto privando dei simboli del mio potere terreno…

-“Ti prego, buon uomo. Apri questo quinto cancello e permettimi di passare”
-“Certo mia Signora ma in questo mondo ogni cosa ha un prezzo. Per passare dovrai darmi il tuo pettorale da Sacerdotessa.”

Con mani malferme mi sfilo il pettorale. Il vuoto lasciato per un attimo mi sconcerta e resto turbata dal fatto di non sentire più quel piacevole e rassicurante peso sui miei seni.
Continuo il viaggio sentendomi diversa dalla Regina-Sacerdotessa che lo aveva intrapreso. La mia Volontà inizia a vacillare ma cocciutamente proseguo. Nel viaggio vengo spogliata dalla cinta e quando giungo al sesto cancello sono nuda, tranne i miei veli che coprono i miei fianchi.

-“Ti prego permettimi di passare”.
Sono affranta e mentre passo il cancello son nuda ed esposta, inerme senza più nulla. Nessun simbolo ormai mi differenzia da qualsiasi altro essere umano.

-“Ti supplico, ti scongiuro… concedimi di passare. Non mi è rimasto nulla da darti. Abbi pietà di me e fammi entrare”
-“In realtà tu possiedi ancora qualcosa… Ti ordino di darmi il tuo nome”

E fu così che lasciai il mio nome sulla Soglia. Senza nulla, senza identità, senza nome arrivai davanti al Signore dell’Ade e di fronte a lui mi inginocchiai e chinai il capo.

Ero giunta nella profondità dell’abisso e qui sarei rimasta per un po’ di tempo.

Qui avrei curato le mie ferite.
Qui avrei affrontato le mie paure.
Qui avrei riposato per poter affrontare il lungo viaggio di ritorno.

Consapevole che, ancora una volta avevo affrontato la perigliosa discesa. E come ogni volta mi era costato tanto… Però più in basso non sarei potuta cadere e quindi, quando la profondità della Terra mi avrà guarita, io risalirò e tornerò a danzare fra i fiori dei campi.

Ma ora no. Ora è il Tempo del Silenzio, del Riposo…



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