Qualche indicazione sulla bacchetta (fuori dal mondo di Harry Potter)

(di Luca Ariesignis Siliprandi – nella foto di apertura potete vedermi mentre uso la bacchetta per accendere un falò causa mancanza dell’accendino regolarmente fregato da uno dei folletti più cleptomani esistenti e temutissimo da tutti i fumatori)

Complice il lavoro preparatorio per uno dei prossimi incontri con il Gruppo di Studio che sto seguendo, voglio condividere con voi alcuni appunti sulla ‘bacchetta magica’… che nonostante popoli l’immaginario di chiunque si appressi alla magia e alla stregoneria è forse -ingiustamente- lo strumento meno usato in assoluto. Ecco, l’ho detto.

Non starò a ripetere corrispondenze e significati della bacchetta (li trovate in ogni libro), ci basti qui ricordare che, com’è noto, la bacchetta dovrebbe essere utilizzata per dirigere l’energia e che a differenza della lama rituale comunica un invito, non un comando.

Nella versione pubblica del Libro delle Ombre alexandriano viene detto che: “È usata per chiamare e controllare certi angeli e genii nei confronti dei quali non sarebbe cordiale usare la Spada Magica”. Quando la bacchetta e la frusta sono tenute nella posizione di Osiride, la frusta nella mano sinistra rappresenta la Severità, la bacchetta nella mano destra la Misericordia. Una bacchetta tradizionale di solito è lunga dal gomito alla punta del dito indice sinistro della strega e larga al massimo quanto il suo pollice. Mutuando dal De Occulta Filosofia di E.C. Agrippa, secondo una visione che incorpora atteggiamenti propri della magia cerimoniale, dovrebbe essere fatta con un ramo di nocciolo o noce, che non abbia ancora portato frutti, e che sia stato tagliato con un unico colpo (con lama che non abbia mai tagliato null’altro) di mercoledì (giorno di Mercurio che abbiamo visto essere legato all’Aria nelle corrispondenze) all’alba (idem). Chi conosce la fisiologia della pianta di nocciolo si sarà probabilmente accorto che la cosa è piuttosto inverosimile dato che, fruttificando anche su rami di un solo anno di vita, è assai improbabile che vi sia un ramo delle dimensioni adeguate che non abbia mai portato nocciole… insomma, siamo più nell’ambito della leggenda che nel mondo reale.

Il consiglio, quindi, è quello di stare con i piedi per terra. Alla fin fine, lo strumento è vostro, così sta a voi decidere quale tipo di legno usare, informandovi sulle proprietà magiche dell’albero. Vi raccomando ovviamente di portare il massimo rispetto alla pianta c

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he vi donerà la vostra bacchetta (poco oltre vi descriverò uno -fra i tanti- modi per farlo).
 La bacchetta viene spesso decorata, con incisioni, piume, pelle, campanelli, cristalli, in base a scelte personali. Per alcuni rituali è richiesta una bacchetta fallica, che ricorda da vicino un tirso, essendo sormontata da una pigna. Un tirso è un bastone rituale attribuito a Dioniso e ai suoi seguaci e, nella nostra tradizione, non è raro compaia nei rituali di tipo estatico/dionisiaco. Nella foto a sinistra, il tirso realizzato da Stewart Farrar nel 1976 per il loro (di Stewart e Janet) primo festival di Brid, donato da Janet al museo della stregoneria (Museum of Witchcraft and Magic – Boscastle, Cornovaglia).

Venendo alla storia di questo strumento, come quasi tutti gli ‘attrezzi del mago’, troviamo la bacchetta nel primo arcano dei tarocchi (il Bagatto, che la impugna) e in molti grimori medievali, tuttavia la sua origine non è europea ma, bensì, medio-orientale.

Originariamente più simile ad una mazza, la bacchetta nasce in ambito zoroastriano (si noti che il termine stesso ‘magia’, deriva dal greco magheia con cui erano identificati i sacerdoti della religione persiana/zoroastriana) e aveva lo scopo di stabilire una connessione fra il mondo getig [materiale] e il reame menog [spirituale] diventando quindi l’asse/canale attraverso cui i principi archetipali/divini manifestavano la loro presenza e ricevevano l’offerta.

La bacchetta è poi mutata in un piccolo fascio di tamerici (foto sotto), ma questo significato e rimasto pressoché inalterato nell’attuale rito zoroastriano di benedizione del baresman (un rituale di purificazione e propiziazione del potere vegetativo della natura). L’idea di ‘bastone magico’ (che, però, ha connotazioni leggermente differenti dalla bacchetta propriamente detta) era comunque diffusa pressoché presso tutti i popoli del mediterraneo (si pensi ai sacerdoti del collegio dei Flamini a Roma, o ai Faraoni egizi…).

Nel tempo, poi, specie in epoca medioevale, ci si è, per così dire, sbizzarriti…

Bastone e verga dal manoscritto “Zecorbeni”

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“Bâton pour toutes les Opérations” – bastone per tutte le operazioni

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“Bâton pour les Opérations de Venus” – bastone per le operazioni di Venere.

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Clavicola di Salomone, nell’edizione inclusa nell’Armadel, Libro III (Lansdowne MS. 1202), “la chiave del lavoro è una bacchetta triangolare di nocciolo”.

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Le Grand Grimoire

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Venendo a tempi più recenti, è nota e tutt’oggi in uso presso la Golden Dawn (e ordini da questa derivati) una particolare bacchetta, detta anche del loto. I colori dell’impugnatura si riferiscono a influenze planetarie/elementali e, la bacchetta, andrebbe impugnata all’altezza del colore opportuno concordemente all’operazione da compiersi. E’ forse giusto ricordare che, in effetti, tradizionalmente e dal punto di vista cerimoniale, nelle opere di evocazione la bacchetta andrebbe impugnata a modi scettro (nel mezzo e tenuta perpendicolarmente al terreno) piuttosto che non come gli attuali direttori d’orchestra. Ad ogni modo, ogni corrente, ogni Mago/Strega della storia, ha spaziato fra le più diverse soluzioni. Ecco alcuni esempi di bacchette di Aleister Crowley…

Il disegno della bacchetta fallica di Gerald Gardner…

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O quella di Raymond Buckland (nella foto sottostante, in basso a sinistra)…

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Una bacchetta realizzata da Alex Sanders e una giovanissima Janet Farrar che regge bacchetta e flagello…

Come evitare le bacchette degli unicorni dell’arcobaleno argentato risuonante nei chakra dell’allineamento cosmico?

Semplice: non compratele!!! Ecco alcuni esempi di bacchette fluffy bunny puffy salakabula magica bula bibidi bobidi bu analtrac ut van betoth da evitare come la peste… da sinistra a destra abbiamo “Ho vissuto male l’ultima puntata di Sailor Moon”, “Non conoscevo il valore simbolico della bacchetta e allora ci ho messo tutto quel che mi è venuto in mente”, “Mi avanzava un rocchetto di filo argentato”, “Un corno e un cristallo fanno sempre figo”

Rispetto ad altri strumenti rituali dove l’acquisto è quasi inevitabile, la bacchetta non ammette scuse e potete -anzi- dovete farvela con le vostre proprie mani. Anche in questo caso, foste pure i più eclettici del mondo, permettetemi di proporvi alcuni esempi di come NON fare una bacchetta. Da sinistra a destra, dall’alto al basso: “Io so usare il fimo”, “Mamma guarda come faccio paura!”, “Ho trovato un legnetto nel bosco”, “Metto simboli esoterici ad minchiam che danno sempre un tono” e, similmente “Traccio rune ad cazzum che ora i vichinghi vanno da dio”.

Ironia a parte, è arrivato il momento di considerare in che modo potete farvi una bacchetta… ecco alcuni suggerimenti pratici e concreti.

Scegliere il legno per la bacchetta

Per prima cosa, valutate il tipo di legno. Ad esempio, come si diceva, se in magia cerimoniale e nella tradizione Wicca usualmente è scelto il nocciolo, ci sono però tanti altri legni interessanti:

  • Alloro: è associato ad Apollo specie nel suo aspetto divinatorio; è un legno amato per la resistenza alla marcescenza e per il suo leggero aroma che conserva per diverso tempo se non verniciato; Secondo il grimorio di Papa Honorius la bacchetta deve essere fatta o di alloro o di nocciolo (CXXXII), bacchette di alloro sono citate in numerosi incantesimi dei Papiri Greci Magici in particolari in quello detto “della pianta sacra ad Apollo dei presagi” e della “Signora di Phoibos” (Betz pp. 15, 110, 112) A In (PGM I, Betz op. cit. p. 10) e PGM I.335, II.6, II.22 (Betz p. 12, 13). Secondo Porfirio l’alloro “è pieno di fuoco e ciò nonostante odiato dai demoni” mentre, secondo lo Pseudo-Bacone, qualsiasi scettro magico andrebbe costruito con questo legno (Ad. 36674, fol. 73r; Sloane 3850, fol. 98v; Wellcome 110, fol. 8r.)
  • Ebano: di origine indiana è un legno pregiatissimo per il suo raro colore nero, la lucidabilità e la durezza. L’ebano è chiamato anche il legno di Hermes in un antico incantesimo greco (Faraone, p. 202.) e sembra fosse cosa nota anche ad Apuleio che pare lo abbia utilizzato per realizzare una piccola statua di Mercurio ctonio. Questo legno è indicato anche da Tritemio nel suo ‘trattato sull’invocazione di angeli’ affinché appaiano in un cristallo. Il re egiziano Nectanebus usò un’asta o una bacchetta di ebano insieme a formule magiche per animare i modelli dei suoi nemici e attaccarli. (Budge, 1930, p. 488; 1971, p. 92.). Una bacchetta di ebano viene usata nell’incantesimo greco-egiziano PGM I.335 (Betz p. 12).
  • Frassino: si dice che l’albero cosmico Yggdrasil fosse un frassino (forse per le dimensioni che può raggiungere la varietà excelsior: 40 metri d’altezza), legato a Odino/Wotan è un albero eminentemente solare. Tuttavia, secondo Agrippa è sacro a Giove. Stando a Franz Bardon, inoltre, una bacchetta fatta con questo legno ben si presta al lavoro di guarigione. Yates, invece, racconta il dettaglio di un “fairy doctor” (Dottore delle Fate – ovvero che ha ottenuto poteri donati dalle fate) irlandese che usava utilizzare una bacchetta di frassino durante le sue preghiere e scongiuri.
  • Noce: legno amato dalla stregoneria, da molti è associato a saturno, anche se, in antichità era considerata pianta gradita a Giove (si veda anche mandorlo);
  • Mandorlo: questo legno è indicato nel libro del Mago Abramelin forse perché, assieme a noce e nocciolo, in accordo con la Chiave di Salomone, la bacchetta può essere fatta con qualsiasi pianta che porti noci/frutti con guscio (si veda anche noce);
  • Melo: anche il melo è amato dalla stregoneria dell’Italia settentrionale, è un legno particolarmente pregiato per la finitura lucida che può ottenere, sacro a Giove secondo Agrippa, la stregoneria lo considera invece legato a Venere. Il Druido Mannanàn Mac Lir utilizzava una bacchetta di questo legno (Peter Berresford Ellis, A Brief History of the Druids, New York, Carroll & Graf, 2002, p. 249.).
  • Melograno: nonostante il frutto delizioso, sia il legno sia la sua corteccia sono tossici. E’ una pianta associata a Proserpina/Persefone e, per questo, alcuni lo utilizzano per lavorare con gli antenati o, comunque, con il mondo di sotto. Secondo la religione zoroastriana può essere usato per il già citato rituale del baresman;
  • Salice: legno molto flessibile e morbido, da alcuni è associato alla guarigione (forse perché la sua corteccia contiene acetilsalicilico, da cui l’aspirina; un tempo se ne usava il decotto per combattere la febbre) ma non vi sono tracce di ciò prima del ‘900. Invece, secondo la Chiave di Salomone ha qualità che lo legano agli spiriti della Luna mentre, Giordano Bruno, nel suo De Imaginum Compositione(1591) raffigura Venere nell’atto di impugnare una bacchetta fatta con questa pianta;
  • Tasso: albero magico per antonomasia nel folklore irlandese, è uno dei legni più utilizzati per fare archi (classicamente il longbow inglese) appartiene a una pianta dalla nota velenosità e, per questo simbolo di morte. Tuttavia, il legame con la morte lo vede come albero vicino agli antenati nonché quale punto di partenza per la rinascita. Pare fosse usato dai druidi per i propri bastoni/scettri.
  • Sambuco: a partire dal Vangelo delle Streghe di C.G.Leland, è uno dei legni tabù della stregoneria (Aradia vieterebbe di coglierne i rami). Eppure, sempre secondo la Chiave di Salomone è un legno adatto alla creazione del bastone del mago. Il Grimorium Verum, specifica invece che sia un legno adatto per bacchette destinate a tracciare sigilli, pentacoli e segnare anelli magici. Franz Bardon, sosteneva che “data la sua analogia con Saturno, il sambuco è particolarmente efficiente nella chiamata o evocazione di spiriti elementali e demoni”;

Come cogliere un ramo per la bacchetta e come trattarlo

Considerate ora il periodo in cui deciderete di tagliarlo. Dal punto di vista delle corrispondenze la primavera sarebbe il periodo ideale, tuttavia è il momento in cui più si nuoce alla pianta e, essendo il legno più carico di linfa, avrà la tendenza a formare crepe durante essiccazione. Fatto questo, scegliete la pianta e il ramo. Cercate di capire se è giusta per voi e, soprattutto, se voi lo siete per lei… E’ in salute? E’ disposta a darvi quel ramo?

Chiedete. Ascoltate. Magari, anche, ‘corteggiatela’ innaffiandola di tanto in tanto, togliendole rami secchi o facendole pulizia attorno dalle erbacce. Offritele di fare ciò anche per un periodo di tempo eventualmente successivo al taglio del ramo (potreste portarle un poco d’acqua nei mesi estivi di siccità… o informarvi sull’eventuale utilità di darle un concime specifico etc.). Quando avrete trovato la pianta e il ramo che fa per voi, procuratevi un machete/roncola/ascia o altro strumento che vi consenta un taglio pulito, un coltellino serramanico ben affilato, del nastro rosso, e del mastice disinfettante per potatura (oppure della cera naturale).

  1. Legate il nastro rosso a valle del ramo (ovvero verso il tronco, prima di dove farete il taglio);
  2. Chiedete alla pianta di ritirare la propria linfa ed energia vitale dal ramo portandola al di là del nastro legato;
  3. Tagliate il ramo con movimento diagonale:

taglio

  1. Ripulite l’area del taglio con il coltellino eliminando eventuali frangiature e mettete sul legno esposto il mastice per potatura o la cera naturale per disinfettare la cesura evitando alla pianta eventuali malattie o attacchi fungini;
  2. Ringraziate;
  3. Slegate il nastro rosso e, soprattutto, mantenete le promesse fatte.

Anche se il legno verde è molto più facile da lavorare che quello secco, eliminando la corteccia dal ramo renderete troppo rapida la sua essiccazione e, molti legni, creperanno inevitabilmente (specie il nocciolo, lo dico per esperienza personale). Cercate di essere pazienti… conservate il ramo in luogo asciutto e buio avvolgendolo eventualmente in un canovaccio unto con olio di oliva per rallentare essiccazione. Dopo circa 2-3 mesi dovrebbe essere pronto per la lavorazione. Un metodo più rapido ma non facilissimo se non possediate pentole inusuali per forma e/o dimensione è stabilizzare il legno tramite bollitura (almeno 6-7 ore). Cosa manca? … beh, la consacrazione e una prova sul campo, ovvio:



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